[..] ma piuttosto Erwin aveva sempre condiviso la vita del suo amico. Ecco quel che pensava Hans in quel momento, mentre lo turbava l'idea di non essere stato affatto lui, in questa lunga amicizia, quello che capiva, che sapeva tutto. Al contrario, era Erwin che lo conosceva meglio di chiunque altro, mentre lui sapeva ben poco dell' amico. Erwin era stato sempre soltanto il suo fedele specchio, il suo emulo, ma forse con tutte le ore che non passava con Hans aveva avuto una vita tutta sua, completamente diversa.[...] E così andò avanti per un buon periodo, come un malato che nei momenti di lucidità riconosce perfettamente la sua malattia ma la nasconde a se stesso cercando di dimenticarla e procurandosi piacevoli distrazioni. Egli può ridere, ballare, bere, lavorare, leggere, senza però riuscire a liberarsi di una cupa tristezza che solo raramente affiora alla superficie della sua coscienza, e per qualche attimo gli risveglia chiaro il ricordo e la morte alberga nel suo corpo, e in segreto lavora e cresce dentro di lui.[..]
- Amicizia - Hermann Hesse -
Quanto davvero si conosce se stessi non sempre è la giusta domanda... esiste veramente un "se stessi"? a volte si è talmente legati a qualcuno da essere il suo "fedele specchio" che una volta rotto ci disorienta e non si sa più cosa guardare. Creare qualcosa è già difficile, crearSi è un'impresa ancora maggiore che richiede un tempo indeterminato... e fa paura.