venerdì 14 novembre 2008

Mamma


Ultimamente non ti ho dato molto amore, ciò non vuol dire che non ne ho. Non approvo le tue scelte, mi sono sentita trascurata, sola, incompresa e chi mi stava intorno non sempre ha capito, semplicemente perchè non poteva. Ed eccomi qui che rido, che cordialmente saluto, che parlo, che consiglio, che cerco di capire, che mi chiudo in me stessa, che cerco di riaprire il mio cuore, cerco di fidarmi di nuovo, cerco di fidarmi di te, di tirare giù le barriere, di farti capire che agisco non per egoismo ma per difesa; mi arrendo spesso quando non comprendi, quando invece di aiutarmi fai la vittima, pensando che io ti accusi solamente. Mamma. A volte creare un giocattolo non significa saperlo usare. La prima volta che ho disubidito avrò avuto 5 anni. Era sera e giocavo nella stradina privata, fuori dal cancello di mia nonna. Io sentii la macchina dalla salita a 200m. Avevo già cenato e chiesi a nonna se potevo raggiungerti perchè ti eri fermata a parlare con un'amica, ma lei non acconsentii a mandarmi per strada da sola, anche se era vicino. Io invece era tutto il giorno che non ti vedevo, così lasciai la palla e corsi su, verso di te... non mi ricordo se mi sgridasti, mi ricordo solo che ti abbracciai e ti baciai forte forte. Ma dopo mi prese la paura che i nonni mi avrebbero sgridata perchè erano usciti per strada e non mi trovavano, ma tu mi dicesti che non mi avrebbero fattoniente.

Tu eri tutto per me.

Non Sbagliavi, non potevi permettertelo perchè eravamo sole. La famiglia per noi era composta da solamente due persone. Tu lo dicevi e io capivo.
Ritardatarie croniche. La prima volta che mi portarono in presidenza fu in seconda o prima elementare perchè arrivavo sempre alle nove. Per evitare di far tardi facevi sempre una strada contromano in retromarcia, così nel caso che li vigili ci vedevano non potevano dirci niente.
Una volta alla recita della scuola materna cominciai a piangere perchè era il mio turno e tu ancora non eri arrivata. La maestra mi convinse a cantare dicendo che saresti arrivata in tempo. Non fu così, il lavoro era troppo lontano ma tu mi dicesti che mi avevi visto, solo che eri in fondo in fondo.
Quando mi lasciavi da nonna una sera ogni tanto per uscire un po', lei cominciava a dire che le avevi lasciato il "pacco" un altra volta, ma io già da piccola avevo le unghie e le dicevo di stare zitta, ma lo dicevo ad entrambe per non farvi litigare e così pensavi sempre che difendevo lei, tutt'ora.
Hai dormito un anno ai piedi del mio letto in ospedale. Hanno capito cosa non avevo grazie a te. hai pianto con me, mi hai protetta, mi hai curata, medicata. Mi hai comprato Teddy.
Mi hai fatto da mamma e da papà. Mi hai dato il tuo nome e quando ci penso so che c'è qualcosa che gli altri non hanno.
E poi che cosa è successo? Troppo tutto insieme. Forse troppo per una persona sola. C'è una parte di me che continua ad amarti così incondizionatamente, e l'altra si chiede dove ci siamo perse. Ciò che so è che nonostante tutto nessuno può dire le stesse cose della propria mamma, che non tutti nell'avere avuto una vita più "normale" della nostra abbiano poi avuto lo stesso coraggio e la stessa forza. Per me la mia famiglia sei sempre e comunque tu, anche adesso mentre ci sentiamo due estranee pur vivendo nella stessa casa.

2 commenti:

Adynaton86 ha detto...

Hai davvero un coraggio ammirevole, e non è tanto per dire, e non è cosa da poco per una ragazza giovane come te. Non posso che augurarti di recuperare questo rapporto; ti assicuro che quando percepisci nuove vicinanze il cuore ti si scalda, ma pare davvero...
un bacio
Ady

Aria ha detto...

IL coinvolgimento con cui sei riuscita a raccontarti ha reso delicatamente più dolce il sapore della tua malinconia.Continua a scrivere:)
UN abbraccio:)
ArN